Il Movimento per la dignità della docenza universitaria: “La primavera dell’Università” non ha sortito gli effetti mediatici e istituzionali che ci si auspicava. Anche la gestione della VQR, soprattutto nell’ultima fase, ha mostrato una CRUI con posizioni non unitarie. Il MIUR, o più in generale il Governo, non ha ritenuto di dare risposte concrete alle giuste richieste provenienti sia dal Movimento sia dalla stessa CRUI. Pur sottolineando che tali richieste non erano circoscritte al solo mancato riconoscimento dell’anzianità maturata nel quinquennio 2011-2015, tale questione è tutt’altro che irrilevante per chi ha deciso di impegnarsi con grandi sacrifici ed impegno nella carriera universitaria. Il rischio, vista la conclusione della VQR, è che il problema sia rimosso.
L’impegno, peraltro mai ufficialmente dichiarato dal Governo, è quello di inserire all’interno della prossima legge di stabilità, norme che compensino, come nel caso di altre categorie del pubblico impiego, sia quanto non corrisposto nel periodo quinquennale di blocco degli scatti e sia il riconoscimento dell’anzianità maturata in tale periodo.
È, quindi necessario, organizzarsi per tempo sia a livello locale e soprattutto a livello nazionale (CRUI) affinché le nostre giuste rivendicazioni, che investono la dignità del ruolo, siano riconosciute, impegnandosi, in caso contrario, in azioni collegiali di protesta per sensibilizzare l’opinione pubblica.
La situazione delle Università nel Sud Italia: L’atteggiamento dei Governi che si sono succeduti in questi anni evidenziano chiaramente il disinteresse sulla condizione dell’Università in Italia. Va, però, sottolineato che le criticità all’interno del sistema universitario non sono equamente distribuite ma assumono dimensioni più rilevanti nel Sud, dove le Università operano in un contesto economico e sociale decisamente più complesso. Un’analisi delle specifiche criticità delle Università meridionali è di seguito descritta. Le conclusioni sono, purtroppo, note a tutti: i giovani del Sud si iscrivono sempre meno all’università e tra coloro che si iscrivono, moltissimi lo fanno in università del Centro e del Nord. E tra quelli che si laureano moltissimi emigrano. È evidente, il Mezzogiorno si sta giocando la sua futura classe dirigente e il suo sviluppo economico.
In sintesi non solo si sta creando una differenziazione “verticale” dove l’eccellenza degli Atenei (la “serie A”) è tutta concentrata nel Nord mentre tutto il resto delle Università sta precipitando in “serie B. La questione diventa, a questo punto, politica. L’Italia non può permettersi di avere tutte le Università del Sud che giocano in “serie B”. Di ciò ne risentiranno l’economia, l’industria, le attività terziarie e in generale la vita civile dell’intera nazione. In particolare, il Mezzogiorno non può rinunciare a qualificare i suoi giovani e mettere una valigia di cartone nelle mani della “meglio gioventù”? Al di là della manifestazione di principio, per cercare di risolvere il problema è necessario promuovere, con gli altri Atenei meridionali, un programma straordinario del MIUR specifico per le Università del Sud che possa riequilibrare l’attuale divario con gli altri Atenei nazionali. Il mio impegno in tale iniziativa sarà prioritario.
Analisi della condizione delle Università del Meridione
In termini di risorse destinate, l’università italiana vive da molti anni una crisi strutturale. Il Fondo di Finanziamento Ordinario complessivamente in Italia è pari a meno di 7 miliardi di euro l’anno, mentre la Germania investe 26 miliardi di euro nell’Università.
Purtroppo questa differenza diventa più marcata nel Mezzogiorno. Dallo studio redatto nel 2015 a riguardo dalla Fondazione RES emerge, infatti, che la spesa media per il terzo livello di istruzione per abitante in Germania è di 332 € l’anno, in Francia di 305, in Spagna di 157, nel Centro-Nord è di 117 € mentre nel Sud è di soli 99 €.
Anche in termini percentuali il divario dei finanziamenti tra le Università in Italia è a dir poco allarmante. Infatti, tra il 2008 e il 2015 gli Atenei del Nord hanno perso solo il 4,3% del loro finanziamento pubblico contro il 12,0% delle Università del Sud.
Analogo andamento si registra per la situazione del corpo docente. Tra il 2008 e il 2015 le università italiane hanno complessivamente perso il 17,2% del loro organico di docenza (contro una diminuzione del 4% circa fatto registrare per il rimanente personale della Pubblica Amministrazione), ma mentre la riduzione dei professori e dei ricercatori a Nord è stata dell’11,3%, al Sud tale valore si attesta sul 18,3%. L’indagine della Fondazione RES evidenzia che il rapporto docente/studente si è sostanzialmente modificato, ma al Nord c’è un professore ogni 28,6 studenti mentre al Sud ce n’è uno ogni 32,4. Analogo divario per il personale tecnico amministrativo, nel 2013 per ogni docente in organico nel Nord del paese vi erano 1,5 PTA contro un rapporto di 1,05 al Sud.
Il tempo medio per conseguire la laurea triennale è di 4,5 anni al Settentrione e di 5,5 al Meridione, mentre gli abbandoni risultano pari al 12,6% al Nord; il 15,1% al Centro e il 17,5% al Sud (con punte fino al 25%). Inoltre, per quanto riguarda i laureati, al Sud soltanto il 18% ha una età compresa tra 19 e 34 anni, il 10% in meno rispetto al Centro-Nord, il 50% in meno rispetto alla media europea.
In questo contesto, malgrado il PIL del Sud sia sensibilmente minore rispetto a quello del Nord, i nostri studenti sono anche meno sostenuti economicamente dallo Stato negli studi universitari. Nel 2013/14 solo il 60% degli idonei nel Sud ha beneficiato di una borsa di studio contro il 90% nel Nord.
Negli ultimi 12 anni il calo delle iscrizioni in Italia è stato complessivamente del 20%, ma al Sud il fenomeno ha assunto proporzioni differenti, in quanto non solo la diminuzione è stata più accentuata, ma vi è stata anche una “fuga” dagli Atenei locali. Infatti, il 25,4% dei residenti nel Mezzogiorno, iscritti all’Università, ha scelto un Ateneo fuori dalla propria regione (Dati SVIMEZ), contro il 9,0% dei giovani del Centro, l’8,8% dei giovani del Nord-Est e l’8,0% dei giovani del Nord-Ovest. La gran parte della massiccia migrazione studentesca meridionale è stata verso le Università del Centro e del Nord. Tra il 2001 al 2013, il saldo netto delle migrazioni complessive dal Mezzogiorno è stato disastrosamente negativo (-708.100 unità), con 494.000 persone (il 69,8%) di età compresa tra i 15 e i 34 anni. A lasciare il Sud sono stati quindi soprattutto i giovani. E tra loro 188.000 avevano conseguito una laurea.